giovedì 20 marzo 2008

ESSERCI

Ci sono dei momenti in cui, inspiegabilmente, si ha voglia di urlare al mondo la propria voglia di esserci.Perchè la vita è un ingranaggio complicato di cui, anche aggiungendo indizi, non si riesce quasi mai a tirarne le fila.Eppure ogni giorno non posso non stupirmi di fronte alle sue meraviglie e al fatto che, qualsiasi cosa succeda, bella o brutta che sia, il semplice essere qui, e respirare, mi sembra una cosa bellissima, immensa, incommensurabile.Non voglio tediarvi con null'altro che non sia una sorta di inno alla vita.Leggete, parlate, amate (anche per poco, un mese, un giorno, un minuto).Guardate film. Ascoltate musica. Bevete vino.Andate al mare ogni volta che potete e, soprattutto, non abbiate mai paura di essere felici.Buttatevi nelle situazioni. Seguite l'istinto, non siate razionali, programmatici, calcolatori.Pochi trucchi, semplici e banali.La vita non ha bisogno di manuali per l'uso.Basta assecondarla e lasciarsi trascinare.Scusate la retorica, ma oggi va così.

domenica 10 febbraio 2008

AMEN

Ho sempre snobbato la musica italiana.
Non che non mi piacesse, ci mancherebbe, ma l'ho spesso considerata come una derivazione di cose che venivano da altre parti, quasi che in Italia si fosse incapaci di sperimentare, di creare nuovi suoni.Da un po' di tempo a questa parte però ho dovuto ricredermi.Dapprima con l'album dei Marlene Kuntz, che ho trovato affascinante e doloroso, quasi disperato e per questo spaventosamente bello, e adesso con il nuovo dei Baustelle, che continuo a propinarmi in heavy rotation, geniale sintesi tra ricerca e esigenze commerciali, il tutto tradotto in quindici pezzi capaci di intrigare tanto l'ascoltatore sofisticato quanto il pubblico, enorme, delle radio.I Baustelle hanno fatto con la musica quello che a me piacerebbe fare con la scrittura: riuscire a costruire un prodotto per le masse ma nello stesso tempo in grado di trasmettere talento, idee, originalità e genio.Ambizioso, no?Consigliare un pezzo non serve a nulla, non su un disco così tecnicamente e stilisticamente perfetto: molto meglio mettere il CD nel lettore e godersi appieno i sessanta minuti della durata di AMEN
Vi assicuro che ne vale davvero la pena.

sabato 5 gennaio 2008

KURT COBAIN E' MORTO

Questo dice Paolo Graziani in IO NON SONO COME VOI durante un momento di rara lucidità. Kurt Cobain è morto, e tutti gli altri è come se lo fossero. Perché di quella generazione disgregata che è stata per l’appunto la GRUNGE GENERATION, oggi, purtroppo, non ne resta più traccia. Kurt Cobain è morto e lo stesso è successo a Layne Staley, il cantante degli Alice in chains. Troppo sofferti, troppo tormentati per invecchiare serenamente. Era loro destino implodere in quel modo, perfetto epilogo nichilista di una vita tragica, votata a una fine inevitabilmente prematura.

Eppure nessun gruppo di quello che è stato il più importante fenomeno musicale degli ultimi vent’anni è riuscito a sopravvivere. Alcuni sono morti, altri si sono sciolti, i casi più patetici continuano ad ammorbarci con dischi inutili che aumentano malinconia e senso di rabbia per le occasioni sprecate da un genere che si è dimostrato, nel tempo, incapace di reinventarsi.

L’ultimo album degli SMASHING PUMPKINS ne è un esempio da manuale. Dopo i flop commerciali del progetto solista e del gruppo clone ZWAN, Billy Corgan ha pensato bene di rifondare la macchina che il suo ego aveva distrutto, mobilitando solo l’ottimo batterista Jimmy Chamberlin e suonando lui stesso tutti gli altri gli strumenti. Non avendo un’idea che fosse una il nostro Billy ha deciso così di puntare tutto sui muscoli, con un suono inutilmente heavy che copre con il rumore un vuoto creativo a dir poco imbarazzante.

E’ insopportabile pensare che capolavori come SIAMESE DREAM e MELLON COLLIE abbiano oggi, a distanza di quasi quindici anni, una così mediocre eredità sonica: il grunge è morto, viva il grunge. Ci ha conquistato, entusiasmato, fatto godere. Poi, a un certo punto, se ne è andato. E non ha lasciato più tracce.

sabato 15 dicembre 2007

BASTARDO NATALE


Adoro il Natale.

Schiavo delle convenzioni consumistiche, mi spaccio per scrittore maledetto e poi alla fine non sono nient’altro che un borghesuccio piccolo piccolo.

Eppure va bene così.

Va bene così perché non me ne frega niente, non me ne importa nulla delle regole, né di quelle dettate dalla cosiddetta buona società né di quelle, per forza contro, di chi si spaccia per alternativo a tutti i costi.

E allora viva i negozi sempre aperti, la gente per strada, i localini del centro, e tutto il kitsch che inevitabilmente ne consegue, i regali, le feste, le cene.

Bello essere tutto e il contrario di tutto.

Bello muoversi trasversale tra gli opposti, alternare BEAUTIFUL a FASSBINDER, MUSIL a DONNA MODERNA, gli SMASHING PUMPKINS agli 883.

Bello fare quello che hai voglia di fare, leggere quello che hai voglia di leggere, ascoltare quello che hai voglia di ascoltare.

Essere un giorno omologato a tutti gli altri e quello dopo completamente differente.

Bello a volte fare finta che il Natale non ci sia ed altre buttarsi nella mischia dei pacchetti e dei regali, scambiarsi gli auguri, organizzare cose per vedersi, bere, mangiare, ridere, giocare.

Insomma, questa bella macchina fatta per azzerarci la tredicesima mi piace.

La interpreto a mio modo, tengo le distanze dagli aspetti più kitsch e volgari (foto con le renne di peluche ad esempio) e mi godo tutto il resto.

Con gli amici/amiche a cui voglio bene.

Camminando sotto i portici in attesa della notte del ventiquattro.

domenica 25 novembre 2007

BORN TO RUN

Nella vita, alla fine, ci si stanca di tutto. Questo mi ha detto un’amica, riferendosi probabilmente a quell’enorme fardello che definiamo “quotidianità”, quell’insopportabile zavorra che fa sì, come ho scritto una volta, che la vita non sia nient’altro che lo stesso giorno ripetuto per trecentosessantacinque volte all’anno.E quindi mi sono imposto di cambiare direzione. Di uscire dagli schemi. Di maturare un atteggiamento “bulimico” nei confronti delle cose, non lasciandomi spazi, aggredendo il tempo, accumulando più cose possibili, persone, luoghi, situazioni, stati d’animo, emozioni. Tutto fuorché la noia, potrebbe essere il leit motiv che accompagna questa nuova consapevolezza. Consumandomi forse un po’, perché impedire al nostro divenire di riscoprirsi statico comporta inevitabilmente il fatto che ci viene negato il lusso di fermarsi. Ma va bene così. Perché non ho né tempo, né voglia di fermarmi adesso: lo farò più tardi, quando tutto rallenterà e la stasi diventerà condizione prioritaria. Baby, we were born to run, diceva Bruce Springsteen. Ragazza, siamo nati per correre. E quindi voglio correre, fino a quando i polmoni non mi faranno male. E continuare ancora. Fino alla fine. Fino alla morte.

martedì 6 novembre 2007

HALLOWEEN!

Non mi piace la morte.

Anzi, ad essere onesto la detesto proprio.

Questa minaccia incombente che rende tutto relativo e provvisorio, e che ci fa diventare creature piccole, illuse nel voler perseverare a cercare di lasciare un segno del nostro passaggio.

Ci danniamo inutilmente, è questo il punto.

Speriamo che esistano modi e forme per crearci una qualche forma di immortalità, e la scrittura, non ve lo nascondo, è una delle maniere più egocentriche e autoriferite per provarci, ma poi sappiamo che arriva la morte, e nella migliore delle ipotesi la nostra eternità sarà limitata al ricordo.

Un ricordo comunque breve, che sarà estinto in qualche decennio, esaurito il quale spariranno anche le ultime testimonianze, e la nostra esperienza terrena, a tutti i livelli, potrà considerarsi conclusa.

Ottimista.

Un inguaribile ottimista.

Considerazioni di Halloween, una festa che la morte dovrebbe esorcizzarla, rimetterla al suo posto, ridurla ai minimi termini.

Chissà.

Forse ha ragione lei.

Forse è così che dovremmo vederla la morte. Come l’atto finale di quel fantastico gioco che è la vita. Come un qualcosa che prima o poi succederà, ma che fino a quel momento ci lascia il campo libero.

Vista così la morte non è affatto male. Diventa quasi un diversivo, quel colpo di scena che ci impedisce di annoiarci, e che ci fa amare la vita proprio per la sua piccola, e limitata nel tempo, brevità.

Per questo ho aperto una bottiglia e ho brindato alla morte: perché la signora con la falce mi accompagni senza disturbarmi, e mi prenda soltanto quando lo riterrà opportuno.

Avanti negli anni, ci mancherebbe.

E senza farmi troppo male, possibilmente.

lunedì 15 ottobre 2007

IO NON SONO COME VOI



Ho finito IO NON SONO COME VOI quasi un anno fa. E' stato un libro fortemente sentito, iniziato dodici mesi prima, scritto prima di getto poi di seguito a lungo elaborato, riposizionato, discusso.Rileggerlo adesso conserva ancora intatto lo spirito della sua ispirazione, cosa abbastanza rara per uno scrittore, che tende ad archiviare le proprio idee piuttosto velocemente.Paolo, il protagonista, è un personaggio baricentrico del mio universo letterario: uno sconfitto che non ci sta a rassegnarsi all'anonimato, al punto da preferire la follia alla noia, la morte (altrui) a una vita marginale, fatta di cose sempre uguali e che mai, per nessuna ragione, potrebbero cambiare.E' un libro che amo molto. Perchè è un noir profondamente interiorizzato su una visione cinica dell'esistenza, taglio a me assolutamente congeniale, e soprattutto perchè ho avuto molte persone vicino che mi hanno aiutato a portare il lavoro a termine. Gli amici scrittori (Verasani, Mazzucato, Bortolotti, Villani), ma anche lettori comuni, persone a cui voglio bene e che sono stati i miei primi editors (Francesca, Carlotta, Caterina, Eleonora, Alessandra, Alessia, Karin). Roberto Domenicali per il suo insostituibile e impagabile ruolo di grafico. Ombretta Veneziano perchè è stata supporter ineguagliabile.Il libro alla fine è un lavoro di squadra, dove ognuno fa la sua parte. Lo scrittore coordina e si prende il merito, ma ogni tassello è importante per la riuscita dell'opera. Volevo solo farvi sapere che ne sono assolutamente consapevole.Vi voglio bene.